Quello che so è che volevo tutto subito. Diventare bravissima subito, cogliere tutti i segreti subito, conoscere la storia e le storie, ogni movimento, ogni torsione del bacino, del busto o della rotula. Andare al passo successivo, al livello successivo, alla dimensione successiva, al mondo successivo.
Avevo una gran fretta di diventare tutto quello che ancora non ero. Puntavo al traguardo e provavo frustrazione a contare i chilometri che mi mancavano. Ogni giorno, invece di accorciarsi, la strada si allungava. A ogni nuova lezione di tango mi scontravo con i miei limiti e guardavo a chi era molto più avanti di me, desiderando una specie di magia, un’auto-trasformazione rapida. Volevo trovarmi in uno di quei video velocizzati in cui in pochi secondi dal seme si vede crescere una pianta robusta.
Mi dispiacevo di avere atteso una cifra esagerata come ventinove anni prima di iniziare a ballare tango. Che cosa avevo fatto davvero fino ad allora? Come mai non ci ero arrivata prima? Tutto quel tempo-senza-tango: in che modo ero riuscita a viverlo come, in effetti, del tempo? E la vita-senza-tango in che senso era stata vita?
Non so se la mia fosse follia o quella forma perversa di attaccamento, per cui sembra di amare così tanto qualcosa che si vorrebbe subito abitarne il fondo, trovarsi alla sua completa consumazione.
Nella mia smania di essere già “al fondo” del tango sebbene fossi appena all’inizio, una persona mi disse: «Che cosa devi dimostrare? E a chi?»
Quelle parole mi congelarono. La mia impazienza aveva motivazioni esteriori, inessenziali. Come il bisogno di esibire qualcosa. A me stessa, sì, ma passando per una qualche approvazione altrui.
Da quel giorno cercai un altro tipo di respiro. Il tango non era tanto “il traguardo” ma tutti i passi che facevo per arrivarci e il godimento di continuare a spostare un po’ oltre la linea di arrivo.
Abbandonai la tirannia della “prestazione”. Iniziando a pensare in termini di vita che è vita, e di tempo che è tempo, il tango diventò il mio modo più pieno di vivere il presente.
Nel tango non serve proiettarsi più avanti del punto in cui già ci si trova. Basta stare in quel punto, amarlo, e scavarci dentro un intero mondo.
Il tango si balla (almeno) in due. Fai girare le storie!
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