La prima volta che ho incontrato Giglio Pabidoro, sembrava un vecchio gentile. Non proprio un vecchio. Piuttosto, un saggio.
La prima volta che ho incontrato Giglio Pabidoro, sembrava un saggio gentile.
E lo era. Lo è.
Ma a seconda delle parole che dice, la sua pelle si modifica: da cervo mansueto si trasforma in un toro nell’arena. Improvvisamente è giovane, poderoso, diventa l’artista dell’abbraccio, un seduttore garbato, ma preciso, che sa dove mirare.
Ci vede mogi, con i corpi stanchi. Ci vede tutti piegati, come a cercare qualcosa per terra. Ci vede rassegnati a quel peso invisibile sopra di noi.
«Tirate fuori la regina!» grida. Sembra uno sparo, ma è la sua voce.
«E non guardatemi così». Giglio ci fissa negli occhi, uno ad uno. «Ce l’hanno tutti, uomini e donne».
Giglio cammina fino al centro della sala, prende un respiro che gli moltiplica l’ampiezza del torace. «Ce la portiamo al centro del petto, sotto lo sterno. Tra le ossa e i muscoli. Per lo più la nascondiamo. I nostri corpi hanno dimenticato la Regina. Ma quando balli» dice Giglio, «devi farla vedere. E lasciarla parlare».
Quando balli, lei se ne sta alta, orgogliosa, ti drizza la schiena e solleva il tuo spirito.
«Se tiri fuori la Regina, la Regina tira fuori te». Le spalle ricurve si distendono, la conca del petto rientrato diventa un davanzale, una mostra, un espositore, un balcone fiorito.
«La Regina brilla ed è fiera anche in mezzo al disastro. Ma al tempo stesso è umile. Non sente il bisogno di prevaricare e da nessuno è prevaricata. Lei non fa la regina. Lei è regina. Ed è questo suo essere a bastarle, a renderla quello che è».
Giglio assume una posa da respiro alto, da respiro pieno. Sembra prendere il volo, ma non lo fa davvero. Perché il tango è anche terra, pavimento, gravità e radici. E la Regina non vuole scappare via. Lei sta.
«Questo ballo è carne e sogni» dice Giglio. «La Regina li onora entrambi».
Un uomo in fondo alla sala tiene le braccia serrate. I pensieri gli tagliano il cervello.
«Sai cosa vuol dire?» gli chiede Giglio notando la sua postura. «Che qualcosa di quello che sto dicendo ti dà fastidio. Aaaah, ma è un problema tuo. Buona fortuna!»
Nello sforzo di erigere la schiena e lasciar cantare la Regina, nello sforzo di mostrarsi senza esibirsi, di lasciarsi guardare senza controllare come gli altri ti stanno guardando, a molti verrebbe da chiudere tutto. Occhi, mani, cuore.
È più semplice mantenersi gobbi, è più facile assecondare la caduta. Se qualcuno ti dice che è meglio il contrario, può essere che tu senta il bisogno di proteggerti. Forse quelle parole sono giuste, ma contro la tua capacità di diventare quello che vorresti essere.
Un bravo maestro di tango non è solo un abile ballerino. Un bravo maestro di tango ti fa mettere in discussione la tua intera persona a ogni passo.
«Ascoltati e cerca di capire perché le tue braccia ora se ne stanno in quel modo» dice Giglio all’uomo in fondo alla sala. «Cerca di capire perché la tua regina non vuole parlare».
A volte è difficile distinguere tra ciò che è tango e ciò che non lo è.
storia prima ⇠ Giglio Pabidoro ⇢ storia dopo
Il tango si balla (almeno) in due. Fai girare le storie!
Francesca says:
Io li sto cercando, Giglio e la Regina, la Regina e Giglio. So che ci sono, da qualche parte e a volte li intravvedo, la Regina appare e poi mi chino e chiudo e lei se ne va. Quando ho capito che il tango può essere scoprire la Regina e farla fiorire, ho dimenticato i passi e le figure… e ho danzato.