Venti febbraio duemilaventi. Il mondo è com’è sempre stato. Cioè a un punto dal cambiare. Cioè in bilico come ogni giorno.
Ma non sempre pende nello stesso modo.
A volte l’inclinazione non è percepibile dagli esseri umani, o è percepibile solo da alcuni. È quando l’inclinazione è percepibile da tutti che il mondo sta davvero cambiando.
Viola Vento cammina sul limite senza saperlo – ma che ne sai, quando ti ci trovi, che sotto i piedi hai quella linea divisoria tra un prima e un dopo?
Viola è a una milonga di quasi-carnevale in cui tutti sono quasi-mascherati, nel senso che si sono finalmente tolti almeno metà della maschera che portano durante l’anno.
Viola Vento siede a un tavolino con due amiche e tre amici. Si conoscono da anni, da ancora prima di cominciare a ballare tango. Si conoscono da quando uno attaccava le gomme da masticare sotto il banco dell’altra e da quando tutti e sei passavano le estati sui muretti a cercare di capire chi piacesse a chi e perché essere corrisposti in amore fosse, a turno, fulmineamente immediato o drasticamente inarrivabile.
Poi non se ne è fatto nulla. Nessuno si è messo con nessuno. Sono rimasti tutti solo amici.
Dall’altro lato della pista c’è un uomo sui trent’anni. Sembra timido ma deciso, impostato ma vulnerabile, a proprio agio ma in allerta. Dall’altro lato della pista c’è un uomo che incarna la contraddizione dei trent’anni e Viola Vento adora le contraddizioni da quando appiccicava chewing gum sotto i banchi e sui muretti, chiedendosi perché l’amore fosse, a turno, una freccia al centro del bersaglio o un’intera faretra di frecce lanciate a vuoto.
Viola ha già notato quell’uomo in altre milonghe. È forse da tre mesi che vuole ballarci.
«Fai pure quattro» le dice Arianna.
Viola annuisce.
«Che aspetti? Vai, invitalo! Lui è troppo timido, non lo farà mai».
«Cioè vado lì e lo invito?»
«Sì».
«No».
«Dio santissimo, ma perché no?»
«Troppo esplicito».
«E allora miralo da qui».
«Lo sto facendo da mezz’ora»
«E lui?»
«Niente».
A un certo punto Viola è convinta di incrociarne lo sguardo. È persino convinta di stare annuendo mentre lui sta annuendo. Fa il cenno definitivo: sì. Con il cuore in rivoluzione vede però che dall’altro lato si alza l’uomo accanto a quello con cui desiderava ballare. Viola Vento segna fra le proprie priorità una visita dall’oculista.
Viola balla con l’uomo sconosciuto. Non se l’è sentita di dire: «Scusami, credevo di stare fissando il trentenne contraddittorio e invece ho incrociato te, o tu hai incrociato me, o insomma ci siamo male incrociati».
Quando finisce la tanda, Arianna le dice: «Adesso arriva l’ultima, baby. O vai da lui o per stanotte hai finito le occasioni».
«Massì. Sarà per la prossima milonga. È bello aspettare, no? C’è qualcosa di potente nell’attesa».
Arianna storce il naso, beve il suo cocktail dalla cannuccia. «Sarà».
Viola, Arianna e gli altri quattro amici lasciano il locale con l’idea di avere un fiorire di milonghe davanti: tutto l’inverno, poi la primavera e tutta l’estate.
Alla porta d’uscita nessuno dice a Viola: guarda che domani cambi mondo, guarda che domani cambiate tutti mondo. Viola pensa che ci saranno infinite possibilità simili, che il coraggio che manca una sera verrà la sera successiva.
Non ha imparato niente da quelle estati sui muretti in cui taceva le frasi d’amore e le sublimava con il gesto di una gomma appiccicata, come a imprimere un silenzio dove ci sarebbe stato lo spazio per una parola. Ogni chewing gum segnava che qualcosa da fare c’era, e pure importante, ma in assenza di coraggio, bisognava metterci un tampone, un tappo, una pezza, per dire l’ho fatto anche se non l’ho fatto. L’ho fatto in altro modo.
Il ventun febbraio Viola legge le notizie. Comprende che per molto tempo di milonghe non ci sarà nemmeno l’ombra. Riesce solo a pensare che a volte ci vorrebbe qualcuno dal futuro che ti fermi per strada e ti dica: guarda che domani cambi mondo. Così la smetti di tenerti quel desiderio sotto la pelle. Così la smetti di prestare la tua vita alla paura.
Il tango si balla (almeno) in due. Fai girare le storie!
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