El Beso

7 Dicembre 2019

A Buenos Aires i locali non corrispondono a una milonga: sono contenitori di milonghe, corpi in cui circola un sangue che si rinnova continuamente. Cambiano i gestori, gli organizzatori, i camerieri e le divise. Resta forse il menù.

Di mercoledì, El Beso – Riobamba 416 – ospita la milonga Porteño y bailarín. Si sale per una scala: corridoio con bagni e cucina a destra, reception e bar alla sinistra. Poi la sala, tavolini, sedie, pista al centro. Sudamericani, asiatici, europei, ogni età, ogni respiro, ogni pensiero: tutto si distribuisce ai lati della pista, per poi mescolarsi nel tango.

Siamo stanchi dalla giornata e l’Orquesta Típica Juan D’Arienzo non suonerà prima dell’una e mezza. Abbiamo bisogno di un caffè, per quanto i caffè serviti a Buenos Aires conservino una considerevole distanza dal comune concetto di comune caffè in un comune bar italiano. Gli argentini hanno questo modo di tostare i chicchi insieme allo zucchero, questo modo di far passare per “espresso” ciò che in Italia sarebbe un caffè lungo allungato di lunghezza.
Ordiamo un jarrito: caffè con leche dentro a un bicchierino di vetro con base rotonda e un manico armonioso. L’estetica fa ciò che non fa il gusto. È una regola che a volte può valere nell’esistenza.

V. dice: «Non sono contenta, ma sono felice». Sorride tutta, si stringe nelle spalle mentre ci guarda piena di gratitudine. La serenità, nella vita, sarebbe un’altra cosa. La serenità, nella vita, sarebbe come un lenzuolo fresco gettato dall’inizio alla fine che ti protegge. Però ci sono quei fulmini di felicità in cui si spalanca la perfezione che emerge da tutto un mare d’imperfezione.
«Sono nel luogo in cui vorrei essere, con le persone con cui desidero stare» dice V. Le brillano gli occhi chiari, mentre la pista si popola di abbracci.

La città fa questo effetto: nel pianto o nella risata, nelle crisi d’identità e nell’immersione in sogni che non ricordavi di aver sognato ma che improvvisamente ti scavano sottopelle, nella visione di tutto ciò che non sei e potresti essere e di ciò che sei stato nonostante volessi essere qualcos’altro, Buenos Aires ti dà l’idea di trovarti esattamente al posto giusto nel momento giusto.

Arriva il cameriere con i nostri jarritos, li appoggia sul tavolino rotondo, sorride, se ne va. Il primo sorso è meravigliosamente dissonante rispetto a qualsiasi attesa di caffè. È il momento in cui il gusto fa ciò che non fa l’estetica. Il momento in cui il contrasto assume senso, perché tutto il mondo attorno richiedeva quel qualcosa d’imperfetto per diventare perfetto: per diventare vero.

Il tango si balla (almeno) in due. Fai girare le storie!

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