Il fracasso della vita. E poi il tango

21 Marzo 2020

No: non è una legge universale. Ma ho scoperto che molte persone si sono avvicinate al tango perché avevano perduto qualcosa. La fiducia in se stesse, un amore (l’ultimo di tutti gli amori, giuro che questo è l’ultimo!), un matrimonio, il lavoro, il senso di quello che stavano facendo, di come stava andando la loro vita. Il tango arrivava come una risposta a una domanda che non sempre era formulata con chiarezza. Ma arrivava. Così: bum! Come un nuovo mattino.

A volte tentiamo degli esperimenti: proviamo a scoprire quanto riusciamo a farci male da soli. Offendiamo il nostro corpo, disperdiamo le energie, ci annacquiamo in qualcosa che non desideriamo realmente e ovunque mettiamo blocchi di paura. Postazioni di paura. Pattugliamenti di paura.

Il mio duemilaquindici – anno furioso e pieno di pietà – è stato così. Esperimenti per vedere fino a dove ci si può spingere, fino a quanto si resiste. Lutti troppi e troppo ravvicinati, amori evanescenti, bucati dai dubbi (giuro che questi sono gli ultimi, gli ultimi così!), corpo spellato. Ero al tempo stesso radicalmente viva e viva per miracolo.

A un certo punto tutto ha cominciato a parlarmi di tango. O forse in me si era creato lo spazio perché iniziassi a sentirne i richiami. Volantini nei bar, film, serie tv, persone che mi ricordavano di quell’unica scena in Scent of a Woman. Al Pacino cieco, ragazza carina e inesperta. «Non ci sono errori nel tango. Non è come la vita». Nel tango non è importante sapere, ma sentire.

La prima persona che incontrai, di cui capii che aveva perso qualcosa, fu Nina. A essere precisi, aveva perso molte cose tutte insieme: il marito, il proprio paese, il lavoro da giornalista. Ma per qualche ragione, non aveva perduto la meraviglia di vivere: il desiderio di dare a se stessa una seconda possibilità. Così montava in bicicletta – dieci minuti di pedalata, dossi, incroci, strade, semafori, cavalcavia – e arrivava alla lezione di tango con i cioccolatini nella borsa e un sorriso che era un tumulto. Sai, quei sorrisi che pulsano come cuori.

L’amore di Nina per la vita non coincideva più con l’illusione che tutto sarebbe andato bene. Coincideva, invece, con la consapevolezza di poter continuare a ricreare parti di sé. Sempre. Nonostante tutto. Sul cumulo di macerie come sulla cima più pura.
Così Nina, a un certo punto, quando aveva perso molto più di quanto fosse giusto perdere in una scala universale di “giustizia della perdita”, ha scelto il tango.

Il tango si balla (almeno) in due. Fai girare le storie!

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